Avevi un cappello tatuato sulla schiena. Ci tenevi a specificare che a differenza del piccolo principe, non si trattava di un boa che ha inghiottito un elefante ma proprio un cappello. Tua sorella si era tatuata una cosa assurda tipo una carpa. Tu ridevi di lei e mi mostravi la scapola su cui qualche tatuatore ti ha disegnato questo cappello. Era un cappello stilizzato, elegante, sobrio. Io, che non ho mai avuto nessun interesse per i tatuaggi, l’ho trovato carino. Non che sia contrario. È solo che non ci ho mai pensato davvero a tatuarmi. Poi tu eri contenta quindi andava benissimo.
La prima volta che ci siamo baciati mi sono chiesto cosa facevamo prima. Forse l’ho chiesto pure a te. Anzi sono abbastanza sicuro di averlo fatto.
Forse sbaglio. Il primissimo bacio ce lo siamo dati dentro ad una enjoy sotto casa tua. Non potevo permetterti di scendere da quella macchina senza aver provato a baciarti. Poco dopo la chiusura del tuo cancello mi hai scritto mandandomi una citazione di montale. Io ho il ricordo, forse sbagliato, di averlo ricevuto mentre fumavo ancora sotto casa tua con il cuore troppo pieno di cose per guidare in sicurezza. Nel petto mi sembrava di avere una lavatrice in cui qualcuno, per sbaglio, ha infilato una scarpa che batte forte..
Stavo partendo per Londra le prime volte che ci siamo baciati. Niente di drammatico, una vacanza di 5 giorni per festeggiare il 50esimo di mia mamma. Oggi mi mamma ha compiuto 52 anni. È assurdo che mia mamma abbia più di mezzo secolo. La mattina della partenza sei venuta da me. Ci siamo messi sul divano rosso in salotto che ormai non c’è più, si è trasformato in un divano bianco, minimal, più in linea con gli standard estetici contemporanei.
A volte quando ti guardo penso che la cosa più bella che vedevo nel tuo volto è la sua durezza. Mica te lo so spiegare però cazzo quanto ti avrei guardato nel fondo di quegli occhi scuri. Certo sorridi, certo sei oggettivamente bella, però io ero pazzo di qualcosa di freddo che c’è in te. Forse perché io mi sono sempre mentito dicendomi di essere simile. Io quello sguardo fiero, sicuro, tosto, lo so imitare ma in verità io sono delicato, fragile. Mica come te.
Guardavamo Suits. L’attrice principale della serie oggi sta sposando non so quale principe d’Inghilterra. Sorrido pensando a questo fiabesco lieto fine di altre storie. Ci ho messo quaranta minuti a baciarti. Ce ne stavamo sotto una coperta bianca e lanosa che avevi imparato ad apprezzare durante i lunghi pomeriggi di studio , quando fuori faceva freddo, e io avevo un piacere così specifico nella tua semplice vicinanza da avere paura di spezzare qualcosa anche solo muovendomi.
Quando finalmente ti ho baciata ti ho chiesto cosa facevamo prima di baciarci. Mi hai chiesto di infilarti in valigia, che tanto eri piccolina e ci potevi entrare. Così dicevi. Ti ho baciata di nuovo sulla soglia del mio portone. Ho imboccato la tangenziale a Lambrate; non c’era traffico.
Sono entrato da TOP SHOP su Regent Street ti ho comprato un cappello con l’aiuto di Anna, la mia amica che ti stava simpatica perché era “milanese” come noi. Era blu con una fascia sottile d’oro fra la visiera e la nuca. Non penso fosse un cappello particolarmente figo ma io volevo portartene uno. Non avevo mai visto il tuo tatuaggio. Sarebbe arrivato dopo ma mi piaceva l’idea di portarti qualcosa, così tanto per farti sorridere.
La prima sera che ho diviso con te il letto non era la prima in realtà. Era già successo in modo del tutto innocente e inaspettato mesi prima durante una notte calda di Giugno. Lottavamo per stare accanto ad un ventilatore. Avevo capito che sarebbe successo, tutto quello che poi è successo. Penso lo avessi capito anche tu. Ti avevo cominciato ad accarezzare la schiena, reclamavi un massaggio e in un linguaggio del corpo impossibile da fraintendere sapevo che quello era l’inizio. Abbiamo lasciato due persone, atteso sei mesi, ma alla fine eravamo di nuovo nello stesso letto. Come tante ragazze sopra al letto hai o avevi delle lucine simil natalizie. Ci tenevamo stretti sotto queste luci natalizie, ti scartavo con la foga dei bambini davanti ai regali. I cappelli che tenevi appesi al muro erano da poco stati raggiunti da quello che ti avevo regalato.
Quel cappello lo hai indossato spesso e sospetto che fosse un modo di rendermi felice più che una scelta estetica. Sappi che funzionava.