Il grande segreto è che di qui non me ne sarei voluta andare; la prospettiva di una fuga allungata di due o tre anni ad ogni Natale non mi soddisfa. Ritrovo ad ogni finestra il tuo odore dopo un pomeriggio di pioggia, gli scalini davanti alle chiese sono sempre troppo simili ai tuoi.
È per questo che vedere tutti i ponti dalla tua altezza, complicatissima e ballerina, conta così tanto.
Vorrei potermi prendere cura di te come hai fatto dal primo giorno tu, con la me impaurita e sperduta, lontana km dai miei tragitti del cuore e dai miei gatti abituali. Ho imparato ad accarezzare quelli delle case degli altri e ad aspettare paziente il momento adatto per usare l’aggettivo mio.
Mi sono innamorata un sacco di volte; decine le vie colme di monologhi deliranti sul senso di vivere forte e pentirsi di tutto. Le belle sbandate e le canzoni in fondo mi hanno fatto sopportare la delusione del settembre che ci riportava tutti abbronzati ma non troppo in una stanza poco accogliente. Era la magia dei corridoi e delle conoscenze fortuite di cui sapere sempre nome e cognome ma non il perché. Delle amicizie su Facebook strette per caso, mi chiedo a distanza di sette anni quando avremo mai firmato questo patto di curiosità reciproca. Ma dimmi di più, come sta adesso il nonno?
Ho contato gli angoli e i cestini tra il portone e la stazione, tra il solito bar e il negozio di profumi; i pellegrinaggi per le fughe e i regali di compleanno. Rigorosamente di gruppo, quando c’era il gruppo ed i messaggi arrivavano velocissimi da campi diversi della provincia.
I sogni si dividevano e buttavano sul tavolo, con il dorso scoperto, tutte le mattine insieme al cappuccino.
Bastavano due passi lungo il viale per smarrire il sonno e le preoccupazioni della sera prima e per smerciare i piccoli drammi; a te vanno le tipe con cui ho litigato e non capiscono questa cosa in cui mi sono ficcata, tu mi parli dei tuoi finché non troviamo insieme un modo per farti arrivare alla festa di Carol.
Le ragazze di adesso sono le nostre sorelle, cugine di secondo grado, non ci somigliano abbastanza eppure le osservo mentre aspettano il tram sedute a lato della strada e fingono di intrattenersi sui social, invidiandosi a vicenda nei tempi morti tra una serata e l’altra. Non più di tre avventure a settimana. Probabilmente non andremmo d’accordo, come non ci sono andata con la maggior parte delle compagne di viaggio che mi sono ritrovata di fianco.
Da sempre maggiore è l’affinità con gli scorci e i cieli muti. Passeggio senza auricolari nei centri città, per pigrizia e sentirmi parte del grande organismo casuale. Tenere il ritmo con i piedi sul cemento.
Conservo centinaia di foto pronte a testimoniare l’anima profondamente carnale del nostro rapporto morboso in cui ti ho scelta partner d’elezione per poi abbandonarti fino a far credere di averti sostituita ed essere pronta a farlo mille volte ancora. Dentro i marciapiedi macchiati di gomme stantie e le cicche ai bordi delle panchine dove non mi siedo più, ora che non devo aspettare nessuno, stanno le speranze di tanti giovani come me, stanchi ma ancora innamorati dell’alba di lassù. Tutti i miei ricordi migliori comprendono un pezzo di natura e degli occhi ridenti. Peccato averne perse di vista tante paia, il tempo ci ha disegnato sopra e ora non ci riconosciamo più. Dicono il futuro ripaghi la fatica della camminata, ma io vedo tanti sogni mordersi la coda in fila per l’aperitivo. E come è buono l’aperitivo se mentre lo bevi mi racconti i tuoi progetti, le tue paure anche, ma non si metteranno tra te e le notti in preda all’insonnia. Febbrile ed operativa, davanti ad una lavagna insolita e ricca di possibilità. Non distrarti- mi dico ancora mentre cammino.
Per la prima volta ho visto accendersi i lampioni sulla piazza, uno ad uno si sono svegliati e nessuno ha alzato la testa. Abbiamo così tanti guardiani eppure non ci bastano a tenerci sicuri, vicini, onesti. Sotto un ombrellone da esterni ho imparato in ritardo il valore della verità a cena fuori. Del rischio ad occhi aperti. Le zanzare ti pungeranno in ogni caso, come il primo giorno.
È la stessa aria calda di smog che c’era a Roma e il cielo a piovere.
Di te mi lamento sempre con tutti, per scherzo, con un affetto imprendibile per le persone incrociate grazie alla tua piccola statura. Non so odiare, non so fare proprio niente senza il senso di essere uomini che mi hai donato facendomi crescere con te e gli amici di una volta. Qualcuno è rimasto, qualcuno di nuovo mi mostra i tuoi segreti con i suoi occhi ed una luce perfetta. Sei tutte e nessuna ed io rimango a guardare cosa puoi regalarmi, fuggendo pensieri di domani. Non mi metto gli occhiali così mi posso sorprendere quando ti vengo più vicino.
Sei una vecchia amica e canti una vecchia canzone, ma mi fa sobbalzare ogni volta.
Qui le emozioni autentiche abitano i palazzi poco prima del tramonto e si nascondono tra le borse di carta dei passanti diretti al parcheggio interrato. Stanno tutte in una corsa finita troppo presto, senza domande scomode. Ora dimmi la verità e fammi tornare a sognare un futuro migliore in cui ci sia spazio anche per te.
Una cosa detta con quegli occhi non è una cosa.
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