Vita che non è la mia
Forse un po’ ci assomiglio a Limonov, anzi pensandoci non ci assomiglio per niente, piuttosto assomiglio a Carrère, e sopratutto a Carrère quando ammette di non assomigliare a Limonov.
Stanotte ho sognato uno tsunami e, anche se può sembrare strano, lo considero un bel sogno. Mi lavo la faccia fino a seccare la pelle, mi spunto la barba e guardo il mio riflesso, che esiste solo quando passo davanti a lui e per questo ci passo sempre, con la paura di non vedere più nulla. Come la mia vita, che esiste solo negli spazi lasciati liberi dagli altri. Quando non ce ne sono, non ci sono neanch’io; quando ci sono, nel piccolo lasso di tempo tra l’andare e il tornare, ci sono anche io, ci devo essere. Dovrebbero essere tanti incontri, sono solo innumerevoli attese.
Oggi è l’ultimo giorno, poi se ne andranno tutti, per la prima volta non sarò con loro, io che non so mai dove mi trovo, per la prima volta sarò quello che rimane. Tutti i posti in cui sono stato che fine hanno fatto? Lo so bene dove mi trovo questa volta. Il problema è che ogni mio spostamento non è fatto per andare, ma per fuggire.
È una bella serata, siamo alla terza bottiglia di vino. Lei mi scrive che lui ha un’infezione e deve restare intubato per alcuni giorni, sta malissimo per non poter stare con lui tutto il tempo come è giusto che sia. Le dico che andrà tutto bene. Mangio l’ultima fetta di pancetta rimasta. Voi cominciate a litigare. Lei vuole andare a casa, tanto non è rimasto nulla da fare o da vedere. Lui vuole restare ancora un po’, è l’ultima sera dopotutto, ed è ancora presto. Iniziamo a camminare e la direzione è quella del ritorno, il litigio aumenta e io mi faccio sempre più distante fino a prendere due strade diverse, ognuna quella di casa propria. Finisce così, senza un cenno, trasportato dalla corrente.
Allora qui abbiamo penne, matite, delle forbici... eccolo, il taglierino. Un po’ rotto, molto arrugginito, andrà bene. Lo prendo e inizio a guardarlo, lo rigiro tra le mani osservandolo con curiosità e aria di sfida. Non devo pensare, se no non lo farò mai, devo prendere e fare. Pensare è per chi non ha le palle per il fare. Ok, non credo davvero in quest'ultima affermazione, anzi in altre circostanze guarderei male chiunque dica una cosa del genere, ma adesso ci credo.
Zac! Così, al volo, senza starci su troppo. Come l’ultima volta. Questa volta però senza fallire. Ecco che senza quasi accorgermene ho già iniziato, non fa neanche male finché non si incontrano le vene, poi arrivano, e proseguo. Ecco, la prima è fatta. È una mia scelta, la mia vita. Ora bisogna finire.