Benvenutə al centodiciannovesimo appuntamento di Fantastico!
Io sono Sara, e qui potete trovare tutte le mie polemiche. Almeno per oggi.
In queste ultime due settimane ci sono state la transgender awareness week (dal 13 al 19 novembre) e la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne (25 novembre).
In merito a ciò vorrei ricordarvi due o tre cose, offerte da Vittorio Cateni.
Non lasciamo che il discorso mediatico ci distragga dalla realtà delle cose: la violenza parte dalla disuguaglianza, e la disuguaglianza è sistemica. I social media hanno memoria molto breve ed evanescente: i post, gli articoli, e le immagini che intasano le nostre timeline oggi, domani non avranno valore. Ma in realtà non ne hanno anche oggi, perché nel nostro sistema di potere queste giornate servono solo a far espiare il senso di colpa pubblico e a pulire la coscienza della gente.
A Fantastico! è ormai diverso tempo che portiamo avanti il dibattito sulla questione di genere: nella newsletter, nei nostri interventi mediatici (Facebook mi ricorda che il 16 novembre dell’anno scorso abbiamo fatto una diretta a riguardo), ma anche tra le pagine della nostra rivista potete trovare interviste e articoli che ne parlano in abbondanza, e altrettanto nei nostri spettacoli dal vivo. E abbiamo intenzione di continuare a farlo.
Perciò, per seguire il filo rosso delle cose in cui crediamo, e ricollegandoci anche alla newsletter precedente (se ve la siete persa, potete recuperarla qui), il primo contenuto che vi proponiamo oggi sono le tre domande a… che in questa occasione abbiamo posto ad Alice. Alice è una ragazza transgender che ho conosciuto qualche tempo fa, in maniera casuale, grazie alla passione per la musica. Una persona dolcissima e disponibile, che usa pronomi femminili, e che si merita tutto l’amore del mondo.
Tre domande ad Alice
Mi piace il dibattito che si è creato attorno al cosiddetto “linguaggio inclusivo”, ma quello che noto è che le persone direttamente interessate (LGBTQIA+) vengono per lo più silenziate da chi ha il megafono del privilegio. Tu cosa ne pensi? Come vivi le soluzioni adottate finora (schwa, asterisco, u, y, @ ecc.)?
Sinceramente? Il discorso di un linguaggio più inclusivo ormai va avanti da anni, siamo nel 2021 (quasi 2022) e credo sia ora di darci una svegliata (dato che in altri paesi si è già fatto qualcosa a riguardo). Pur non toccandomi personalmente, sono assolutamente pro all’uso dello schwa, asterisco ecc, alla fine a me non cambia nulla, ma se serve a far star bene qualcun altrə, perché no?
Forse l’Italia non è pronta, ma in realtà non lo è mai quando si tratta di qualcosa di “diverso”, di nuovo. Si ha paura della novità, quando invece dovrebbe essere il contrario. […]
Assicuratevi di non perderla! Leggetela qui
Ormai è chiaro che secondo tuttə noi di Fantastico! è imprescindibile mantenere un’attitudine inclusiva, tant’è che usare la schwa per noi è stato un cambiamento abbastanza naturale, non una cosa che ci dobbiamo ricordare di fare. Ora che è stata introdotta nelle tastiere dei telefoni non ci sono più scuse: idealmente tuttə dovremmo iniziare ad usarla. Capiamo però che per qualcunə possa essere più difficile capire come funzioni, per questo ho pensato di stilare un vademecum del linguaggio inclusivo, che potete trovare qui. Ora avete tutto ciò che vi serve per spiegare il discorso della schwa ai parenti a Natale! Non vorrei mettervi ansia, ma è meglio arrivare preparatə, perchè ormai manca meno di un mese.
Inclusività in pillole: parlare in modo inclusivo
Ormai è un po’ di tempo che penso molto a quello che voglio dire. Non perché abbia paura del giudizio altrui, ma puramente per il fatto che voglio che tutte le mie affermazioni rispettino e rispecchino i miei ideali e la loro integrità. Proprio per questo ho avuto diversi battibecchi con persone che, invece, si adeguano al vetro del contenitore: fanno affermazioni mosse dalla necessità di vedere la propria credibilità rispettata, o dal bisogno di adeguarsi alla linea assunta da qualche autorità (da intendersi in senso lato, non solo in senso statale) per timore di rimanere fuori dai canoni di accettabilità sociale. Se è vero che il lupo perde il pelo ma non il vizio, è vero anche che mi è capitato diverse volte di discutere di linguaggio politicamente corretto e di linguaggio inclusivo, un po’ perché magari qualcuno intavola il discorso per farmi arrabbiare, un po’ perché sono tematiche che ho molto a cuore, che ho studiato in lungo e in largo, e di cui mi fa piacere parlare. C’è molta confusione intorno a entrambi gli argomenti, purtroppo. Ho voluto scrivere questo vademecum descrittivo (e normativo, ma solo perché parlo anche di grammatica) per fare un po’ di chiarezza, ma anche perché credo fermamente che nessuno si incallisca mai del tutto nelle proprie posizioni, e che informandosi si possa anche cambiare idea. La guida gira intorno ad alcuni interrogativi, che sono:
Cos’è il linguaggio politicamente corretto?
Cos’è invece il linguaggio inclusivo?
Perché non sono la stessa cosa?
Come posso utilizzare il linguaggio inclusivo? E se sbaglio?
Iniziamo dal principio. […]
Per di più, per ricordarci che la lotta di genere senza lotta al capitale è solo branding (citando Bebo), vi rimandiamo a un’intervista molto interessante a Silvia Federici, fatta in occasione dell’uscita del suo libro “Genere e capitale, per una lettura femminista di Marx”.
Un’ultima cosa! Vi ricordiamo che a fine settembre è ripreso Fantastico! in radio. Lo trovate tutte le domeniche alle 18 su Radio Città Fujiko. Se volete mettervi in pari con la puntata di questa settimana, cliccate qui. Finora uno dei miei episodi preferiti!
Tu sei l’erba e la terra, il senso
quando uno cammina a piedi scalzi
per un campo arato.
Per te annodavo il mio grembiule rosso
e ora piego a questa fontana
muta immersa in un grembo di monti:
so che a un tratto
– il mezzogiorno sciamerà coi gridi
dei suoi fringuelli –
sgorgherà il tuo volto
nello specchio sereno, accanto al mio.- Antonia Pozzi, Certezza
Buon pranzo e buona giornata!