Fantastico! #47
Benvenuti al quarantasettesimo appuntamento di Fantastico!
Io sono bebo e sì, sono il solito marxista:
- Uno degli inizi di serie tv migliori che si ricordi è quello di Californication. Il protagonista, Hank Moody, entra in chiesa e succede quello che succede ad Urfidia.
- Non sarà la prima volta che citerò la Bibbia quest’oggi, quindi mettetevi l’elmetto. Ma qui abbiamo uno Sturoimarco in assetto evangelico, kebab terracqueo apocalittico mit alles.
- Valetina F. mette assieme delle immagini di quieto vivere perturbante, che si depositano dentro e restano lì alcuni decenni. Per qualcuno bene, per qualcuno, così così.
- E poi basta con la Bibbia ma bisogna dire che occasionalmente, tra un verso e quell’altro, tra un dio, una fine ed un inizio, anche Sara P. si abbandona a questo vangelo sentimentale decomposto e ricomposto, con un finale che signora mia.
- Il primo di tre esordi è quello di Lole Khéops. Nome esotico che firma uno spaccato famigliare così giusto e così misurato che la domanda sorge spontanea: sarà reale? Ovviamente sì, purché nulla sia davvero reale.
- La giovane che si firma Ame ci tiene a precisare che questa parola, in giapponese, significa pioggia. C’è uggiosità malinconica nello stile ermetico di questa debuttante fantastica, che scorre in una poesia per chi non ha più fiato.
- Chiara D., come Pereira, vede ciò che vuole vedere per piegare la realtà ai propri desideri e farne una fuga quotidiana. Tra Parigi, Lisbona e Napoli, dove vorreste andare?
- In un mondo che ci obbliga ad una lettura psicanalitica, il vortice schizoide di michiamanofab è una letteratura così vicina che poi, se non si mettesse nero su bianco, come faresti a reggerlo?
- Suona il telefono, dall’altro capo un respiro quieto e una voce placida mi informano che sono morto. È lerio con il suo cadavere settimanale, un attimo prima della tempesta che bloccherà aeroporti in mezza Europa e che farà crescere il peggior mal di testa disponibile.
Oggi è martedì, ho cannato ancora l’invio settimanale. C’è anche chi si propone per darmi una mano e io davvero lo abbraccerei ma poi mi riduco all’ultimo e quindi alla fine, come dice l’adagio, me lo metto in culo e riporto tre. Ovviamente il lato sofferente della metafora è il dover far di conto durante l’assunzione anale della settimana di impegni.
Amen.
Ormai qui la gang femminile prende a schiaffi la letteratura maschile caucasica borghese e altre cose del primo mondo a vostra scelta, dismotrando nei fatti che quando montano le polemiche “perché non ci sono abbastanza artisti femminili” vuol dire che chi apre non si occupa di scouting, chi fa produzione non si occupa di scouting, chi mena questa e quell’altra massima normalmente incondivisibile se non su un social network di figurine beh, non si occupa di scouting.
E invece qui siamo dei grandi e non siamo soli (come dice l’ottimo Jack Gelati).
A tal proposito:
Setzuko era diversa. Per sentirsi veramente viva aveva bisogno di qualcosa simile a una poesia. Una poesia squisitamente erotica. Un concetto il più vicino possibile a una sensazione carnale. Non, come accade agli uomini, un’idea che si trasforma in sensazione carnale, bensì una sensazione carnale che si trasforma in idea, che prende a rifulgere come un gioiello di carne.
— Yukio Mishima – Una virtù vacillante
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Non diventeremo degli influencer, potete giurarci.
Nel frattempo: ehi, buon martedì pomeriggio!
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